2.2 Aceri

ALE rrli o, a à i. li noli o eaoo o . ram. ue, a ea a- hi e, n- e e- nea ui ); LATIFOGLIE le altre, invece, trovano utile impiego nel consolidamento e rivestimento delle sabbie litoranee. In Italia sono coltivabili unicamente nella sottozona calda del Lauretum. Caratteristica più appariscente delle acacie: foglie bipennato-composte con numerose foglioline. Nella maggior parte delle specie di origine australiana, la foglia è sostituita da una espansione del picciolo: il fillodio , generalmente lungo e falcato. Il frutto è un legume tipico. L A. saligna e l A. cyanophylla sono state impiegate per consolidare, rivestire e valorizzare in breve tempo dune in movimento; entrambe forniscono combustibile di ottima qualità. L A. melanoxylon merita di essere diffusa non soltanto perché produce legno da lavoro di buona qualità, ma anche per la formazione, ai bordi dei perimetri di rimboschimento, di fasce arboree anti-incendio. Per la notevole capacità di riproduzione agamica, le acacie possono essere governate tanto a ceduo che ad alto fusto. F 211 2 1 3 5 4 6 F 7 FIG. 2.3 Foglie e frutti di alcune latifoglie. 1. Tiglio. 2. Robinia. 3. Faggio. 4. Olmo campestre. 5. Olmo montano. 6. Ippocastano. 7. Acero montano. 2.2 Aceri Acero campestre o Testucchio, Loppo, Oppio (Acer campestre L.). comunissimo nella penisola nei cedui misti del Lauretum e del Castanetum. Pianta di modeste dimensioni, ha foglie a 5 lobi di cui 3 grandi nella parte superiore e 2 piccoli in basso, e frutto a carpelli appiattiti con ali fortemente divaricate, leggermente ricurve all indietro. Un kg contiene 11-15 mila semi puliti; potere germinativo 30-40%; durata facoltà germinativa 2 anni. Il legno è bianco rossastro, duro, compatto, pesante (p. sp. 0,90 fresco, 0,74 stagionato, 0,72 secco). Acero minore (Acer monspessulanum L.). Chiamato anche acero di Montpellier, ha portamento simile al precedente, con il quale viene sovente scambiato; se ne differenzia per avere le foglie a 3 anziché a 5 lobi e perché il frutto ha i carpelli convessi ad ali parallele. Fornisce legno rossastro, duro, compatto, omogeneo e pesante (p. sp. 0,80 stagionato) adatto per lavori di intaglio e tornio. Eliofilo, frugale e xerofilo, cresce nei luoghi aridi e sassosi della regione mediterranea dal mare fino al Castanetum. Acero montano o Acero fico, Loppone (Acer pseudoplatanus L.). sporadicamente diffuso nelle regioni montane del Castanetum e del Fagetum. Pianta di notevoli dimensioni, ha grandi foglie a 5 lobi grossolanamente dentati, opposte di consistenza cartacea e frutto a carpelli convessi con ali leggermente divaricate. Un kg contiene 8-15 mila semi puliti; potere germinativo 50% circa; durata facoltà germinativa 2 anni. F02_1_Selvicoltura_Speciale.indd 211 5/30/18 8:17 AM

SEZIONE F
SEZIONE F
SELVICOLTURA GENERALE E SPECIALE
La Selvicoltura può essere definita come l’insieme di tutte quelle attività di governo e coltivazione svolte nei boschi, per scopi diversi, e che rappresentano la risposta alle esigenze, dei singoli e delle comunità, che si vengono a determinare in un particolare momento storico e in uno specifico contesto sociale.In senso stretto le attività consistono essenzialmente nel taglio degli alberi, ossia nella raccolta della produzione legnosa, condotto in modo tale da assicurare la ricostituzione (rinnovazione) del soprassuolo. Nella pratica della Selvicoltura rientrano anche l’impianto di alberi e tutte le fasi di produzione delle piantine in appositi vivai, fino alla loro messa a dimora in terreni precedentemente destinati a prato o coltivo, oppure là dove il soprassuolo adulto è stato abbattuto e si è preferito fare ricorso alla rinnovazione artificiale.L’Economia forestale (Selvicoltura in senso lato) comprende non solo l’ecologia forestale (presupposto necessario all’adozione di buone forme di intervento), ma anche i criteri di misurazione del volume degli alberi, di pianificazione delle operazioni su ampie superfici forestali, di difesa del bosco da agenti dannosi e da incendi, di gestione della fauna selvatica di applicazione e rispetto delle norme che le istituzioni pubbliche fissano per inquadrare le operazioni selvicolturali (nel quadro dell’economia del territorio) e, infine, delle modalità, di verifica che ci assicurano che prodotti o servizi, ottenuti dai boschi, siano conformi ai requisiti indicati da norme o regole. Per questo è indispensabile una profonda conoscenza dei tipi di bosco presenti nelle diverse Regioni italiane e delle tecniche selvicolturali più appropriate. Si deve anche prestare attenzione ai caratteri del legno, che in parte conseguono alle specie coltivate e alle modalità di crescita degli alberi, e al modo in cui la produzione legnosa viene raccolta e trasportata dal bosco alla strada.Nella presente Sezione F del Manuale dell’Agronomo si è anche fatto un breve cenno a quelle specie legnose che sono importanti per il loro significato ecologico, per il pregio estetico e talvolta per particolari beni forniti, o che non formano complessi boscati, ma compaiono allo stato sporadico. In tal modo si è inteso fornire un quadro d’insieme, quanto più possibile aggiornato e completo, dei diversi campi tecnici e applicativi della selvicoltura.Coordinamento di SezionePietro PiussiRealizzazione e collaborazioniGiovanni Bernetti, Stefano Berti, Massimo Bianchi, Paolo Casanova, Piermaria Corona, Luigi Damiani, Roberto Del Favero, Maria Nives Forgiarini, Giovanni Hippoliti, Amerigo Alessandro Hofmann, Alberto Maltoni, Enrico Marchi, Anna Memoli, Lorenzo Pini, Pietro Piussi, Aldo Pollini, Andrea Tani, Giuliana Torta